giovedì 29 marzo 2012

ISTITUZIONE DEL REDDITO MINIMO GARANTITO

“Istituzione del reddito minimo garantito. Sostegno al reddito in favore dei disoccupati, inoccupati o precariamente occupati ”


RELAZIONE

L’articolato di legge che segue è una misura di inclusione sociale che cerca di rispondere all’incremento delle povertà, e di arginare quel “rischio povertà” di cui parlano tutti i dati statistici, che supera le fasce di povertà marginali e si insinua nel ceto medio.
Questo dunque si presenta come un intervento non emergenziale, non si tratta di un’ ultima istanza, ma si cerca di impedire che si “resti soli” nel disagio, che si presenta come il momento più difficile nella vita di una persona.
L’obbiettivo dell’articolato, dunque, è quello di intervenire nel momento in cui il rischio “povertà” si paventa come orizzonte.
L’introduzione di un provvedimento legislativo che definisca un sostegno al reddito costituisce, in questo contesto, un tema politico di particolare rilevanza.

Le trasformazioni intervenute nel mercato del lavoro hanno prodotto una precarietà crescente e richiedono strumenti di sostegno in grado di tutelare le persone dalla sottrazione dei diritti e dai “ricatti” crescenti che la precarietà porta con sé.
Il sistema del lavoro, negli ultimi decenni del secolo XX, ha subito profonde trasformazioni.
Il lavoro a tempo pieno, il “lavoro per una vita”, ha scandito precisi cicli nella vita delle persone. Questa organizzazione del lavoro e della vita ha anche determinato un welfare state con cui lo Stato sosteneva gli squilibri intrinseci del sistema del lavoro.
Oggi il lavoro fisso è sempre meno una possibilità reale. Il lavoratore precario, si trova però di fronte alle esigenze della propria esistenza privo della pur minima protezione sociale. Ciò comporta forti squilibri soprattutto nella gestione della propria vita presente e nelle scelte per il futuro.
Occorre dunque costruire un welfare che risponda ai nuovi problemi ed ai nuovi bisogni che emergono nella società della precarietà. La misura che qui si propone dell’istituzione di un reddito minimo va nella direzione di ripensare il sistema delle garanzie sociali come opportunità, per consentire libertà di scelta e garanzia sociale.
Nel tempo della precarietà avanzano le disuguaglianze, chi è in condizione di precarietà deve continuamente riorganizzare il proprio tempo di vita in funzione delle richieste del mercato, delle sue fluttuazioni. Chi non ha un solido sostegno economico personale o familiare, indipendentemente spesso dalle sue capacità e dal suo impegno, difficilmente potrà fare adeguatamente fronte alla ricerca di una dignitosa allocazione professionale. Non a caso cresce a dismisura il fenomeno del “working poor”, cioè persone che hanno un contratto definito ma che non riescono a coprire economicamente le esigenze familiari o personali e che non arrivano alla fatidica quarta settimana.
I rapporti degli enti di intervento sociale agli esclusi (per esempio, la Caritas) confermano la crescita del fenomeno e il suo allargarsi su strati sociali tradizionalmente considerati abbastanza garantiti. I dati statistici ufficiali lo confermano. Lo confermano anche in relazione alla qualità della vita nella nostra regione dove cresce il rischio povertà e si scaglia soprattutto sui giovani e le donne, che subiscono il fenomeno dell’espulsione dal mondo del lavoro e del working poor, nonché sulle famiglie monoparentali dove incide fortemente la contrazione del potere d’acquisto dei salari.
Dentro la crisi questa situazione che determina forti e pesanti disuguaglianze tende a peggiorare. Lo si vede in tutti i paesi dell’Europa in cui si annuncia una disoccupazione strutturale e lo si vede in particolare nell’area del Mediterraneo.
Il Parlamento Europeo infatti nel luglio del 2010 ha approvato una risoluzione, a cui l’articolato proposto fa riferimento e nella quale si considera prioritaria la lotta alle diseguaglianze sociali, si invitano gli stati membri a porre in essere pratiche concrete a sostegno dell’obbiettivo europeo contro le povertà, a tenere conto della raccomandazione 92/441/CEE che riconosce “il diritto fondamentale della persona a risorse e prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana” e sottolinea che “gli investimenti nei regimi di reddito minimo costituiscono un elemento fondamentale nella prevenzione e riduzione della povertà, che anche nei periodi di crisi, i regimi di reddito minimo non andrebbero considerati un fattore di costo, bensì un elemento centrale della lotta alla crisi, che investimenti tempestivi per contrastare la povertà apportano un contributo importante alla riduzione dei costi di lungo periodo per la società”.
La proposta raccoglie gli inviti che provengono dal Parlamento Europeo e soprattutto dentro la crisi cerca di immaginare un welfare che costruisca opportunità per i cittadini.
Non sfugge che questa misura di inclusione sociale per essere sufficiente ha bisogno di essere accompagnata ad altre misure che riguardano il mercato del lavoro, la piccola impresa, l’autoimpresa e la cooperazione.
Il reddito minimo infatti potrebbe, se intrecciato ad altre misure: favorire un mercato del lavoro dove perdono centralità “i ricatti”, il lavoro al ribasso, e il lavoro nero; potrebbe essere una occasione per la piccola impresa che con un apposito provvedimento potrebbe contare sul contenimento del costo del lavoro da un lato e accedere alla possibilità di assumere nuovo personale, anche qualificato, che aiuta nelle scelte della innovazione; favorire l’autoimpresa con provvedimenti che aiutano altra economia e nuovi settori; e potrebbe dare impulso ad una cooperazione nel settore dei servizi che si pone come una frontiera importante del futuro.

La proposta di legge in questione parte dal presupposto di poter garantire a chiunque (occupati, inoccupati, lavoratori precariamente occupati e privi di retribuzione) una base reddituale pari all’incirca a quella che rappresenta mediamente la soglia di povertà per le zone del Mezzogiorno. Tale misura è fissata, quale reddito minimo, in euro 7.000,00= annui che corrisponde alla somma di euro 583,00= mensili. Ad averne diritto saranno, i disoccupati, gli inoccupati, i lavoratori precariamente occupati e i lavoratori privi di retribuzione. Ne avranno diritto purché residenti nel territorio regionale da almeno 24 mesi. Per i nuclei familiari monoparentali per ogni figlio e fino al terzo figlio è prevista l'erogazione al beneficiario di una somma aggiuntiva per un importo pari a 1.000,00= euro annui per ogni figlio e fino al compimento del diciottesimo anno di età.
Con la presente proposta si intende legare la misura in questione alle dinamiche del lavoro e del non lavoro. In particolare, le finalità che con la introduzione del reddito minimo ci si propone sono quelle di legare il suddetto sussidio alla creazione dell’occupazione e di disincentivare forme di sfruttamento quali il lavoro nero.
Infatti, nell’articolato che si sottopone alla sottoscrizione popolare è previsto (art.7) che il beneficiario decade qualora dichiari il falso in ordine anche ad uno solo dei requisiti previsti dalla legge o lavori in nero. In tali ipotesi infatti l’erogazione del reddito minimo viene sospesa e il beneficiario medesimo è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito. Ma - cosa più importante – viene escluso dalla possibilità di richiedere l’erogazione di tali prestazioni, pur ricorrendone i presupposti, per un periodo doppio di quello nel quale ne abbia indebitamente beneficiato.
La proposta di legge prevede inoltre, sempre legando le sorti lavorative dei beneficiari al permanere del diritto al reddito, che la sospensione dalle prestazioni vi sia anche allorquando il beneficiario venga assunto con contratto di lavoro subordinato ovvero parasubordinato sottoposto a termine finale o quando partecipi a percorsi di inserimento professionale.
Si ha invece la decadenza dal beneficio al compimento dell’età di 65 anni ovvero comunque al raggiungimento dell’età pensionabile.
Ma la proposta di legge, quale forma di incentivo al lavoro ed alla creazione di opportunità occupazionali reali, prevede che la decadenza non opera per il primo anno di assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato purché nel rispetto dei CCNL o allorquando si intraprenda una attività lavorativa di natura autonoma. Infatti, quale forma di incentivo indiretto alla occupazione o all'autoimpiego, l'equivalente della misura del reddito minimo (euro 7.000,00= annui), con cadenza mensile, verrà riconosciuta al datore di lavoro che assume (purché si ripete nel rispetto della contrattazione nazionale di settore) o al beneficiario che intraprenda una attività lavorativa di natura autonoma.
Anche in questi casi, tuttavia, la proposta di legge mira ad evitare forme elusive o furbizie. Infatti il datore di lavoro che, salvo il caso di giusta causa o giustificato motivo, licenzi il beneficiario allo scadere dell'anno (per cui avrà ricevuto l’incentivo) perderà il diritto ad accedere a tale forma di sostegno per le successive assunzioni, con conseguente obbligo di restituzione di quanto indebitamente percepito. Altrettanto accadrà in caso di dimissioni che giungano (come per il caso del licenziamento) entro i tre anni qualora risulti che esse siano state indotte dal datore di lavoro.
In questo caso infatti il lavoratore licenziato potrà continuare a percepire il reddito minimo ma al datore di lavoro verrà impedita la percezione dell’incentivo per le future assunzioni per i successivi cinque anni.
Vi sono infatti nelle nostre realtà diverse vicende di sfruttamento del lavoro (giovani lavoratori che ad esempio lavorano come commessi che per poche centinaia di euro senza contratto). In tali casi, grazie alla presente proposta di legge, si offre la possibilità al giovani di avere diritto al reddito senza essere costretto a lavorare in nero e in condizioni di sfruttamento. Infatti un giovane in queste condizioni può percepire un reddito senza dover essere sfruttato per poche centinaia di euro. La proposta di legge, in ogni caso, si preoccupa di evitare forme elusive prevedendo la sospensione dalla possibilità di percepire il reddito minimo nel caso in cui si dichiari una condizione di disoccupazione o inoccupazione e in realtà si lavori in nero (quindi cumulando il salario percepito in tal modo con il beneficio di cui alla presente proposta di legge) ma anche di incentivare la emersione da nero favorendo l’assunzione mantenendo a favore del datore di lavoro che assuma mediante un incentivo pari all’importo annuale del reddito minimo.
Il medesimo incentivo permarrà sempre per la durata di un anno per il beneficiario che intende avviare una iniziativa autonoma di auto impiego.
Per le finalità della presente legge è istituito un apposito capitolo ai fini della costituzione di un fondo denominato:“Fondo regionale per il reddito minimo garantito”.
La Regione inoltre provvederà ad istituire con propria legge un apposito Fondo assicurativo che avrà la finalità di garantire l'erogazione del “reddito minimo” alle attuali generazioni e alle generazioni future. Il fondo dovrà essere attivato con le risorse rivenienti dalla ricontrattazione con le compagnie petrolifere e con il Governo nazionale delle royalties dovute in relazione alle concessioni esistenti.
La Regione inoltre promuoverà forme di collaborazione con il Governo nazionale e con gli istituti previdenziali e assicurativi nazionali che assicurano le prestazioni di indennità di disoccupazione o gli ammortizzatori sociali nei diversi settori, tese ad uniformare, in via sperimentale, per ciò che riguarda il territorio regionale, i diversi trattamenti facendo confluire le risorse nazionali o quelle gestite dai prefati enti assicurativi e previdenziali, pro quota e in relazione a quanto esborsato per i beneficiari residenti nel territorio regionale, nel “Fondo regionale per il reddito minimo garantito”.